sabato 28 febbraio 2009

Comunicazione di cessata attività

Ok, confesso, non ce la faccio, non sono tipo da scrivere un post al giorno, non ho così tante cose da dire.
O magari ce le ho ma non penso che siano interessanti per altri che non abbiano la mia stessa malattia. Ho delle idee molto chiare su dove piazzare i confini tra spazio pubblico e spazio privato.
Per cui abbandono questo blog. Cioè, lo cancellerei, se sapessi come si fa.
Comunque non ci scriverò più.
Se qualcuno vuole avere notizie su quello che combino può venire a trovarmi sul mio sito personale.

www.maurizioguarini.it

A posto così.

mercoledì 3 dicembre 2008

Sana e robusta costituzione

Ok, siamo realistici, prendiamone atto: la costituzione italiana è una bella teoria ormai passata di moda, un po' come il marxismo, il relativismo culturale e la concorrenza perfetta.

E' giunto quindi il momento di riscrivere la costituzione italiana partendo dal paese reale, dall'italiano medio, dalla concreta quotidianità di questa meravigliosa nazione. I voli pindarici lasciamoli all'Alitalia.

Di seguito le mie modeste proposte per alcuni articoli da inserire necessariamente nel nuovo documento costituzionale. Aggiungete pure i vostri, se lo ritenete opportuno.

Articolo 1
Tutti i cittadini italiani hanno il diritto di guardare un sacco di gnocca in TV.

Articolo 2
Tutti i cittadini italiani hanno diritto all'informazione pubblicitaria.

Articolo 3
Tutti i cittadini italiani hanno diritto a sognare di risolvere tutti i loro problemi con un sei al superenalotto.

Articolo 4
Tutti i cittadini italiani hanno diritto allo studio di TV Sorrisi e canzoni.

Articolo 5
Tutti i cittadini italiani hanno diritto a considerare la loro vita un reality show.

Articolo 6
Tutti i cittadini italiani hanno diritto ad emigrare invece di continuare a lamentarsi di questo Paese.

Articolo 7
Tutti i cittadini italiani hanno diritto a considerarsi simpatici, solari, dotati di buon gusto nel vestire, fascino, carisma, sensibilità culinaria e amore per la famiglia.

Articolo 8
Tutti i cittadini italiani hanno diritto a pensare che la percezione è più forte della realtà, che la fantasia è meglio della verità.

domenica 9 novembre 2008

L'anomalia

Era un inizio di primavera del 1996.
Era una serata diversa dalle altre, avevamo vinto le elezioni, dopo due anni di vergogna e incredulità.
Dalla strada, davanti al bottegone, chiedemmo un solo favore all'uomo con i baffi che si era affacciato al balcone: fotti il nano.
L'uomo con i baffi sorrise sornione, queste cose non si dicono, cattivoni.
Però noi sapevamo che l'avrebbe fatto, che avrebbe eliminato l'anomalia dalla nostra storia, un colpo di ramazza in cambio di quella bella poltrona imbottita, un lavoro facile.
Continuammo a danzare e ridere e correre da una parte all'altra, stando attenti ai sanpietrini, che con l'umido della notte e della gioia diventano scivolosi.
Stavo con la mia ragazza, matta, litigiosa, problematica, ma quella sera no, quella sera era nata perfetta.
Tornando a casa ci fermammo ai mercati generali e comprammo una cassetta di fave fresche. I giorni seguenti ebbi un po' di mal di pancia.
Sei mesi dopo l'uomo con i baffi si metteva d'accordo con il nano per riscrivere insieme la costituzione.
Per fortuna il nano lo prese solo in giro, glielo fece credere, che erano amici e potevano fare le cose insieme, smezzarsi la crema, ma in realtà lo voleva solo fottere, è fatto così lui.
Sono passati 12 anni da quella notte, e il nano è ancora là.
E tutto precipita, si abbassa, scende al suo livello.
Tutto perché l'uomo con i baffi, e i suoi amici, non hanno fatto quel lavoro facile facile.
Perché ha pensato che era più furbo lui, che noi non capivamo niente.

Questo mi sono ricordato, l'altra notte, un'altra notte perfetta, passata però non per strada ma davanti al televisore, a vedere quello che succedeva dall'altra parte dell'oceano, dove c'era gente che festeggiava, loro sì, in piazza.
E io lì sul divano a chiedermi: qual è la differenza?

giovedì 18 settembre 2008

Nessuna svolta new age

Trattasi in realtà di preemption, ovvero una pubblicazione fatta per mettere le mani avanti, per avanzare una sorta di diritto di prelazione su un'immagine, un concetto, un posizionamento.
In altre parole in quel video c'è una cosa che sta in una cosa, che è contenuta in una cosa che sto finendo di scrivere.
E poi è un gran bel video.

domenica 7 settembre 2008

Al gran ballo del lessico rispettabile

Recepisce le raccomandazioni formulate /
Opera con il costante riferimento /
Impegno rafforzato dalla consapevolezza degli importanti effetti che essi hanno sulla prestazione economica aziendale /
Maggiormente qualificanti per la sua identità /
Ricercando anno dopo anno di conseguire i migliori standard /
Attraverso una precisa identificazione di necessità gestionali /
Percorsi formativi di implementazione delle conoscenze e specializzazione operative /
A causa di una netta sperequazione /

Bentornato Mister G. il mondo della comunicazione aziendale
ha tanto sentito la sua mancanza.
E' pronto per riprendere il grande ballo mediocre?
Sicuro sicuro?

martedì 8 luglio 2008

Le giacche del presidente. (2)

Un giorno le giacche sparirono. Rubate, rapite, sequestrate!
Qualcuno o qualcosa le aveva portate via dal loro armadio, con le loro custodie, le spazzole e il rotolo adesivo per togliere i pelucchi.
Fu una giornata funesta quella: il paese si ritrovò di nuovo nella confusione, il presidente spogliato del suo contesto interpretativo, il sarto senza lavoro.
Il giorno dopo arrivò la rivendicazione del gesto ormai chiaramente eversivo: una falange di terroristi semantici, autoidentificatisi col nome di Nebula, dichiararono, attraverso un graffito in zona stazione centrale, le loro richieste per la liberazione delle variopinte vittime tessili.
Il presidente avrebbe dovuto scegliere la sua giacca preferita, Nebula ne avrebbe restituita una sola. Il presidente aveva 24 ore.
Il portavoce del presidente dichiarò alla nazione: non cederemo all'infame ricatto.
Il portavoce del consiglio dei ministri disse: questo gesto di terrorismo non ci troverà disgiunti.
Il portavoce del partito di governo esclamò: il popolo ci ha votato, quelle giacche sono il vessilo del volere popolare, questo è un atto di violenza sovversiva antidemocratica.
Il giorno dopo, tre ore dopo la scadenza dell'ultimatum, Nebula fece ritrovare nella cucina di un fast food la giacca grigia metallizzata, irrimediabilmente macchiata di rosso. La scientifica dichiarò: trattasi di ketchup e vino, sangiovese per la precisione.
Furono convocati i migliori lavatori a secco del regno, ma nessuno riuscì a riportare la giacca alla sua precedente purezza formale.
Il presidente era arrabbbbiatissimo. Furono diramati comunicati stampa di fuoco. Le forze dell'ordine moltiplicarono investigazioni, arresti e rastrellamenti.
Il giorno dopo venne ritrovata la giacca arancione, abbandonata presso un grattacheccaro del lungotevere, imbevuta di urina di felino innamorato.
Maxima offesa insopportabile, tutti i partiti politici si associarono nella denuncia della malvagità dell'infame azione.
Molti movimenti extraparlamentari elegantemente risoluti si dissociarono ufficialmente dal volgare gesto.
Entrarono in campo i servizi segreti. Nessuno sapeva chi fossero questi tizi del Nebula, nessuna azione precedente, nessun documento strategico programmatico ideologico, comparsi dal nulla, fantasmi, demoni.
Alcuni teorici del complotto arrivarono a ipotizzare l'ombra nefasta di potenze straniere nostre feroci concorrenti nel settore della moda e del pallone, nazioni che non si erano mai riprese veramente dalla finale del campionato mondiale.
Nei notiziari della sera andarono in onda le immagini di una maxi retata nei centri sociali più attivi ed eversivi di Roma, Milano, Torino e soprattutto Bologna, città indiziata numero uno a causa del Sangiovese.
Il giorno dopo alle otto di mattina davanti a un liceo di Firenze fu ritrovata la giacca bianca a strisce nere, tutta scritta con pennarello uniposca di colore fuxia fluò.
Discorso a reti unificate del presidente, prima del telegiornale della sera. Ribadendo la linea della fermezza e dell'intransigenza, fondamenta dello stato di diritto e della democrazia, bisognava altresì dimostrare comprensione cristiana verso questi giovani arrabbiati e desiderosi di trovare il loro posto nel mondo.
Proponeva quindi l'apertuta di un tavolo di dialogo con i rappresentanti di Nebula sul tema della vestibilità delle taglie maschili.
Il giorno dopo la giacca verde fu ritrovata indossata da uno spaventapasseri nella campagna lucana. Guano di piccione tempestava spalle e taschini.
Altro discorso alla nazione. Stavolta in piedi, davanti al caminetto di casa, indossando un comodo cardigan. "Ragazzi, io vi ammiro, io vi stimo, però ora basta, su, dai, non fate i ragazzini, parliamone, tra di noi ci capiamo, ci possiamo mettere d'accordo. In fondo un po' mi conoscete, avete cominciato proprio dalle giacche di cui me ne fregava meno, bravi. Ma adesso per favore, parliamone, vi invito a cena, ok? Dai, venite, che ci divertiamo".
Il giorno dopo la giacca grigia a puntini neri fu segnalata da un anonimo al 113 in una discarica di materiale elettronico in provincia di Lucca, corrosa dall'acido delle batterie.
Quella sera il premier aveva gli occhi rossi. "Vi prego ragazzi, non fate così, a quella di oggi ero affezionato davvero. Mi ricordava com'ero agli inizi, mi snelliva, esaltava la mia naturale eleganza. Ragazzi, vi aspetto sempre a cena, o anche per un aperitivo, come volete voi".
La giacca gialla venne ritrovata in un porcile in provincia di Parma.
Ormai gli italiani erano incollati davanti al televisore. Quella sera il presidente parlò da un letto d'ospedale. Si vedevano flebo entrare nelle braccia, un notevole pallore dell'incarnato e una ciocca di capelli scompigliata.
"Ok ok, ho capito, non mi volete bene, capisco, è che ho un brutto carattere, mio fratello me lo diceva sempre, ma mia madre no, diceva che ero perfetto, che non mi mancava niente, che gli altri erano solo invidiosi. Ok, i miei dottori, mi hanno convinto, è ora di dire la verità, che potrebbe essere terapeutico, mi dicono. La mia giacca preferità è quella blu, lo sapete tutti, non è un segreto, ci tengo moltissimo al mio ruolo istituzionale, a fare del bene per i miei concittadini, è la mia missione, aiutare il mio paese a diventare più grande, più bello, più perfetto".
Il giorno dopo la giacca rossa fu trovata appallottolata, infilata, premuta a forza dentro il gabinetto dello spogliatoio di un'associazione calcistica giovanile, in provincia di Cuneo.
Il cuore del presidente si fermò alle ore 18.12.

(Fine)

lunedì 9 giugno 2008

Le giacche del presidente.

C'era una volta un paese in cui divenne presidente un uomo speciale.
Era molto ricco, ma non molto alto.
Aveva le orecchie grosse e i capelli fini.
Conosceva un sacco di barzellette ma non stava simpatico a tutti.
C'era però un problema, quest'uomo aveva fatto molte cose nel corso della sua lunga vita ed era presidente di molte aziende e attività, oltre ad essere presidente del paese.
Per cui ogni volta che faceva una dichiarazione non si sapeva bene se la faceva come presidente della squadra di calcio, presidente della società editoriale, presidente diretto e indiretto di tutte le televisioni del paese, presidente della società assicurativa, presidente della società costruttrice, presidente della società cinematografica, o presidente di altro ancora che non stiamo qui ad elencare tutto, se no questo non sarebbe un racconto ma un romanzo.
C'erano quindi molti equivoci, smentite, fraintendimenti, correzioni, distinguo, interpretazioni.
Per mettere fine a tutto ciò, che poteva generare confusione e disordine nel paese, l'uomo speciale pensò a una soluzione semplice ma efficace.
Chiamò il suo sarto di fiducia e si fece fare dieci giacche nuove, tutte doppiopetto, che a lui gli piacevano così.
Avrebbe indossato quella blu quando si esprimeva in qualità di presidente del paese.
Quella rossa quando veniva intervistato in quanto presidente della squadra di calcio.
Quella grigia a puntini neri quando parlava come presidente delle televisioni.
Quella bianca a strisce nere quando era presidente della casa editrice.
Quella grigia metallizzata quando era presidente della raccolta pubblicitaria.
Quella verde quando era presidente paladino del nord operoso.
Quella arancione quando era presidente della società di assicurazioni.
Quella gialla quando era presidente simpatizzante del sud fantasioso.
Quella rosso mattone quando era presidente della società costruttrice di palazzi.
Una giacca era rimasta bianca a disposizione di nuove eventuali presidenze.
Quando invece si esprimeva come privato cittadino si era convenuto che restasse in maniche di camicia, più informale.
Il sistema funzionò abbastanza bene. L'unico fastidio era che doveva andare sempre in giro con questo armadio pieno delle dieci giacche e con il sarto che le curava, le teneva sempre in ordine e lo aiutava ed essere lesto nel cambiarsele. Perché i giornalisti spesso passavano da un argomento all'altro e lui c'aveva pochi secondi per passare da una giacca all'altra.
Con il passare dei mesi l'uomo speciale si affezionò a questo stratagemma, alle sue giacche, ai continui cambiamenti di abiti di scena; in effetti a lui il teatro era sempre piaciuto.
Poi però successe un fatto che sconvolse per primo il sarto, poi il guardaroba, poi il presidente e infine l'intero paese.

(continua)

lunedì 26 maggio 2008

In treno.

Qualcuno parla al cellulare
cerca di convincerti che la sua vita è meglio di un reality
dovrebbe essere famoso
ma non lo è
un incidente del destino sicuramente.
Ma per fortuna adesso può rimediare
avrà un pubblico a sua disposizione
per 4 ore e mezza.

Una signorina dà il benvenuto al microfono.
Pensa di compiere un atto gentile
sebbene istituzionale,
tutto lo spessore bilingue dell'ospitalità aziendale.
Invece ci stordisce con una raffica di raschi in alta frequenza.
Qualcuno dovrebbe spiegargli cos'è l'effetto Doppler,
ma l'ignoranza è una malattia autoimmune.

Coppie di donne chiacchierano senza respiro.
Donne di ogni idioma, di ogni latitudine e longitudine.
Bello notare le costanti del genere umano.
Quelle poche che viaggiano da sole e sono costrette al silenzio
già pregustano il momento in cui torneranno a casa
e bloccheranno qualcuno in un angolo
e gli riverseranno addosso tutto il tonnellaggio sonoro trattenuto.

Mannaggia a me che non riesco a dormire altro che in posizione orizzontale.

Mannaggia a me che non sono capace ad attaccare bottone con gli sconosciuti.

Mannaggia a me che non posso far altro che leggere, scrivere e lamentarmi.

sabato 24 maggio 2008