Un giorno le giacche sparirono. Rubate, rapite, sequestrate!
Qualcuno o qualcosa le aveva portate via dal loro armadio, con le loro custodie, le spazzole e il rotolo adesivo per togliere i pelucchi.
Fu una giornata funesta quella: il paese si ritrovò di nuovo nella confusione, il presidente spogliato del suo contesto interpretativo, il sarto senza lavoro.
Il giorno dopo arrivò la rivendicazione del gesto ormai chiaramente eversivo: una falange di terroristi semantici, autoidentificatisi col nome di Nebula, dichiararono, attraverso un graffito in zona stazione centrale, le loro richieste per la liberazione delle variopinte vittime tessili.
Il presidente avrebbe dovuto scegliere la sua giacca preferita, Nebula ne avrebbe restituita una sola. Il presidente aveva 24 ore.
Il portavoce del presidente dichiarò alla nazione: non cederemo all'infame ricatto.
Il portavoce del consiglio dei ministri disse: questo gesto di terrorismo non ci troverà disgiunti.
Il portavoce del partito di governo esclamò: il popolo ci ha votato, quelle giacche sono il vessilo del volere popolare, questo è un atto di violenza sovversiva antidemocratica.
Il giorno dopo, tre ore dopo la scadenza dell'ultimatum, Nebula fece ritrovare nella cucina di un fast food la giacca grigia metallizzata, irrimediabilmente macchiata di rosso. La scientifica dichiarò: trattasi di ketchup e vino, sangiovese per la precisione.
Furono convocati i migliori lavatori a secco del regno, ma nessuno riuscì a riportare la giacca alla sua precedente purezza formale.
Il presidente era arrabbbbiatissimo. Furono diramati comunicati stampa di fuoco. Le forze dell'ordine moltiplicarono investigazioni, arresti e rastrellamenti.
Il giorno dopo venne ritrovata la giacca arancione, abbandonata presso un grattacheccaro del lungotevere, imbevuta di urina di felino innamorato.
Maxima offesa insopportabile, tutti i partiti politici si associarono nella denuncia della malvagità dell'infame azione.
Molti movimenti extraparlamentari elegantemente risoluti si dissociarono ufficialmente dal volgare gesto.
Entrarono in campo i servizi segreti. Nessuno sapeva chi fossero questi tizi del Nebula, nessuna azione precedente, nessun documento strategico programmatico ideologico, comparsi dal nulla, fantasmi, demoni.
Alcuni teorici del complotto arrivarono a ipotizzare l'ombra nefasta di potenze straniere nostre feroci concorrenti nel settore della moda e del pallone, nazioni che non si erano mai riprese veramente dalla finale del campionato mondiale.
Nei notiziari della sera andarono in onda le immagini di una maxi retata nei centri sociali più attivi ed eversivi di Roma, Milano, Torino e soprattutto Bologna, città indiziata numero uno a causa del Sangiovese.
Il giorno dopo alle otto di mattina davanti a un liceo di Firenze fu ritrovata la giacca bianca a strisce nere, tutta scritta con pennarello uniposca di colore fuxia fluò.
Discorso a reti unificate del presidente, prima del telegiornale della sera. Ribadendo la linea della fermezza e dell'intransigenza, fondamenta dello stato di diritto e della democrazia, bisognava altresì dimostrare comprensione cristiana verso questi giovani arrabbiati e desiderosi di trovare il loro posto nel mondo.
Proponeva quindi l'apertuta di un tavolo di dialogo con i rappresentanti di Nebula sul tema della vestibilità delle taglie maschili.
Il giorno dopo la giacca verde fu ritrovata indossata da uno spaventapasseri nella campagna lucana. Guano di piccione tempestava spalle e taschini.
Altro discorso alla nazione. Stavolta in piedi, davanti al caminetto di casa, indossando un comodo cardigan. "Ragazzi, io vi ammiro, io vi stimo, però ora basta, su, dai, non fate i ragazzini, parliamone, tra di noi ci capiamo, ci possiamo mettere d'accordo. In fondo un po' mi conoscete, avete cominciato proprio dalle giacche di cui me ne fregava meno, bravi. Ma adesso per favore, parliamone, vi invito a cena, ok? Dai, venite, che ci divertiamo".
Il giorno dopo la giacca grigia a puntini neri fu segnalata da un anonimo al 113 in una discarica di materiale elettronico in provincia di Lucca, corrosa dall'acido delle batterie.
Quella sera il premier aveva gli occhi rossi. "Vi prego ragazzi, non fate così, a quella di oggi ero affezionato davvero. Mi ricordava com'ero agli inizi, mi snelliva, esaltava la mia naturale eleganza. Ragazzi, vi aspetto sempre a cena, o anche per un aperitivo, come volete voi".
La giacca gialla venne ritrovata in un porcile in provincia di Parma.
Ormai gli italiani erano incollati davanti al televisore. Quella sera il presidente parlò da un letto d'ospedale. Si vedevano flebo entrare nelle braccia, un notevole pallore dell'incarnato e una ciocca di capelli scompigliata.
"Ok ok, ho capito, non mi volete bene, capisco, è che ho un brutto carattere, mio fratello me lo diceva sempre, ma mia madre no, diceva che ero perfetto, che non mi mancava niente, che gli altri erano solo invidiosi. Ok, i miei dottori, mi hanno convinto, è ora di dire la verità, che potrebbe essere terapeutico, mi dicono. La mia giacca preferità è quella blu, lo sapete tutti, non è un segreto, ci tengo moltissimo al mio ruolo istituzionale, a fare del bene per i miei concittadini, è la mia missione, aiutare il mio paese a diventare più grande, più bello, più perfetto".
Il giorno dopo la giacca rossa fu trovata appallottolata, infilata, premuta a forza dentro il gabinetto dello spogliatoio di un'associazione calcistica giovanile, in provincia di Cuneo.
Il cuore del presidente si fermò alle ore 18.12.
(Fine)
martedì 8 luglio 2008
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